Intervista ad Alessandra Lomonaco - Unstoppable Woman

Alessandra Lomonaco è una professionista che stimo molto, conosciuta prima in rete e poi davanti ad un caffè (esattamente come è successo con Barbara Galli, autrice del guestpost “Il comportamento al centro: vi presento il nudge”).

Alessandra è advisor per start-up in ambito strategia e finance, con una grande esperienza professionale alle spalle (questo il suo profilo LinkedIn).

Abbiamo in commune diverse cose, a partire dalla grande passione per il nostro lavoro. Siamo inoltre entrambe mentor presso Young Women Network, e dal 2018 facciamo parte delle Unstoppable Women – le 1000 donne che stanno cambiando l’Italia - una lista di founders, ricercatrici e innovatrici gestita da StartupItalia.

In questa intervista Alessandra ci racconta di start up, innovazione, donne e anche di professional branding ed employee advocacy.

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Alessandra Lomonaco - Unstoppable Woman

Alessandra Lomonaco - Unstoppable Woman

  • Come sei arrivata ad appassionarti al mondo delle start up, al punto di farne il tuo lavoro?

Ho cominciato ad occuparmi di startup nel 2013, anno in cui ho deciso di lasciare l’azienda tech per cui lavoravo come group controller. All’epoca stavo completando il mio master in business administration, in cui seguivo un corso sul business planning per startups.  Al contempo, sempre in quel periodo, mi stavo affacciando al mondo dei social media, in particolare Twitter, grazie al quale sono entrata in relazione con associazioni e realtà che si occupavano di supportare le startup.

La passione per l’innovazione, unita a quella per il digitale e per la finanza, mi hanno portato ad occuparmi sempre più da vicino di startup, fino a lanciare una mia attività di advisory rivolta ad imprese che fanno innovazione. Ciò che amo del mio lavoro è la creatività che cerco di mettere sempre in ciò che faccio, per non replicare soluzioni già viste ed implementate. 

Molto spesso gli imprenditori hanno bisogno di qualcuno che li motivi e gli passi quell’esperienza che va oltre le competenze tecniche che necessariamente servono per sviluppare progetti complessi.

Ciò che amo del mio lavoro è anche questo aspetto di “coaching” che è strettamente correlato a quello di mentoring.

  • Sulla base della tua esperienza, ci sono delle caratteristiche che accomunano tutte le start up che hanno successo? 

Sono stati fatti diversi studi per analizzare i fattori di successo delle startup. 

Tutti concordano sul fatto che il team sia uno dei principali fattori di successo di una startup. Un team coeso, diversificato al suo interno per competenze, genere, esperienze, formazione, background può fare la differenza nel lancio di un nuovo progetto imprenditoriale. 

Un altro aspetto fondamentale è saper creare un prodotto (o servizio) davvero necessario al mercato. Non basta essere innamorati della propria idea, serve ciò che viene chiamato product-market fit. E’ necessario testare la propria idea, ricevere costantemente feedback dal mercato e saperli tracciare e misurare, senza farsi annebbiare da facili entusiasmi né abbattere dagli insuccessi temporanei che possono arrivare. 

Un aspetto fondamentale è costruire fin da subito un business model innovativo, differenziante dai competitors e scalabile, altrimenti si corre il rischio di non decollare e di non riuscire ad attrarre capitali dagli investitori.

Un aspetto spesso sottovalutato, ma a mio avviso fondamentale, è la capacità del founder di comunicare il proprio progetto. Se non si sa comunicare nel modo più convincente e appassionato possibile, sarà difficile riuscire a portare a bordo co-founders, collaboratori, investitori e soprattutto coloro che decreteranno il successo o meno della tua startup, vale a dire i clienti.

  • Quali consigli daresti a chi oggi ha un’idea innovativa che vorrebbe trasformare in un’impresa?

La prima cosa che reputo importante è di non pensare che fare startup sia un gioco da ragazzi! Significa saper fare sacrifici, lavorare duro, saper cadere e rialzarsi molte volte, saper collaborare ed essere umili. L’umiltà è ciò che spesso manca, ma senza la quale diventa molto difficile farsi aiutare e supportare nel percorso ad ostacoli, che è quello delle startup. 

Detto ciò, consiglio di studiare bene il mercato di riferimento e non solo. E’ necessario essere molto bravi nel costruire un prodotto, un modello di business, un team e, in ultima analisi, un’azienda che sia in grado di generare ricavi e profitti. Non dimentichiamo, infatti, che una azienda che non produce ricavi e utili fallisce. Partiamo da questo quando costruiamo un business model e un business plan per un’impresa innovativa scalabile.

  • Donne e start up: qual è la situazione attuale? 

La situazione non è rosea, come invece dovrebbe esserlo dato che secondo diversi studi le startup fondate da donne ottengono risultati migliori di quelle guidate solo da uomini. Secondo il venture americano First Round Capital, questa differenza in termini di risultati è di ben il 63%. Inoltre il 30% tra le startup che hanno garantito un maggior ritorno sugli investimenti hanno una donna tra i fondatori. 

Anche secondo la società di consulenza Boston Consulting Group,le startup fondate o co-fondate da donne hanno prestazioni migliori nel tempo, garantendo il 10% in più di entrate cumulative. (ne ho scritto qui).

Nonostante questi dati, in Italia le startup fondate da donne rappresentano solo il 13% (in Europa il 29%) e si concentrano nei servizi di istruzione, sanità e comunicazione, settori dove tradizionalmente la presenza femminile è predonimante. Questo dimostra quanto gli stereotipi di genere siano ancora il principale ostacolo all’imprenditoria femminile: da un lato si crea un convinzione nelle ragazze, dettata da ragioni culturali, di non essere portate per certi ambiti lavorativi, dall’altro trovano maggiori difficoltà nel ricervere finanziamenti.

Le strade per superare questa situazione sono senz’altro il mentoring, la formazione in ambito digitale e finanziario rivolta alle ragazze, la condivisione di buoni esempi di “donne che ce l’hanno fatta” (le cosiddette role models), il networking tra imprenditrici, professioniste e aspiranti tali per creare quella consapevolezza di sé fondamentale per intraprendere un percorso imprenditoriale.

  • Start up ed employee advocacy: quanto è importante per uno startupper riuscire a valorizzare al meglio se stesso e il suo team per accrescere la visibilità, ma soprattutto la credibilità del suo business? In altre parole, quanto il professional branding di chi lavora in una start up può aiutare la crescita della start up stessa?

Nelle startup, soprattutto le early stage, il tema dell’employee advocacy ha dei distinguo rispetto alle aziende consolidate, per il fatto che chi ci lavora generalmente non sono “dipendenti” ma co-founders e collaboratori autonomi/freelance. La startup, infatti, non dispone delle risorse finanzarie necessarie ad assumere delle persone. E’ un tema, tuttavia, molto importante e ancora poco trattato perché presenta delle peculiarità. Innazitutto, le startup non hanno un brand riconosciuto dal mercato, sono in fase di test e hanno scarse risorse umane e finanziarie per farsi conoscere. Ecco che l’employee advocacy (con le dovute correzioni in termini di accezione, come spiegato) e il professional branding diventano fattori critici di successo, ancor più che per le corporate. Come accennavo precedentemente, la capacità di comunicare dell’imprenditore e del suo team, anche attraverso gli strumenti digitali, è una skill determinante, perché rappresenta proprio l’elemento chiave per fare brand awareness. 

“La brand awareness identifica il grado di conoscenza della marca da parte del pubblico. Si esprime con la percentuale di consumatori appartenenti al target group che ricorda la marca senza bisogno di uno stimolo verbale o visivo (ricordo spontaneo) o che la riconosce dopo essere stata sottoposta a uno stimolo (ricordo aiutato)” - (tratto da GlossarioMarketing.it).

E’ importante che il founder e il suo team sappiano comunicare in modo appropriato attraverso i canali social, attraverso un blog o ad una narrazione visiva in grado di coinvolgere il proprio target di riferimento e convertirlo in utenti/clienti.

[Per saperne di più su Alessandra Lomonaco e sul suo lavoro www.alessandralomonaco.com]