Brand Purpose & Activism - intervista a Barbara Bartoli di Purpose House
Ogni tanto qualche amica mi segnala persone che secondo loro potrebbero piacermi, perché facciamo lavori simili o semplicemente perché siamo affini sotto molto punti di vista (solitamente si tratta di altre donne). Quasi sempre da questi incontri nascono chiacchierate interessanti, se non addirittura collaborazioni professionali.
Ho conosciuto Barbara Bartoli grazie a Benedetta Gargiulo, e la prima cosa che le ho chiesto, mentre ancora mi stava raccontando di sé e del suo lavoro, è stata un’intervista, perché temi come brand purpose e brand activism mi appassionano da tempo.
Sono Barbara Bartoli, ho 48 anni, e sono una Triestina felicemente emigrata a Roma. Sono un’idealista visionaria perché credo fermamente che ogni persona, azienda, associazione, istituzione abbia il dovere di rendere il mondo un posto migliore.
Ho sempre lavorato nell’ambito del marketing e della comunicazione: prima nel mondo profit, in agenzie di ricerche di mercato ed in Unilever, poi nel mondo del non profit, in Amnesty International. Questa trasversalità mi ha permesso di raggiungere la consapevolezza che il marketing ha una grande responsabilità etica: quella non solo di incentivare profitto, ma anche di produrre sensibilizzazione, consapevolezza, cambiamento per un futuro migliore.
Oggi sono una docente universitaria e consulente con la passione per l’Innovazione, il Brand Purpose & Activism in una società che si chiama Purpose House.
Cosa faccio? Partendo dai bisogni delle persone e dalle tensioni sociali e ambientali aiuto aziende, organizzazioni, associazioni ad affiancare alle strategie di crescita, azioni di Purpose, incentrate sul raggiungimento del bene comune, nel rispetto e nella promozione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nell’ambito dell’Agenda Globale 2030.
Purpose: parola molto di moda negli ultimi tempi, ma non sono sicura che tutti abbiano capito esattamente cosa sia. Vuoi dirci di cosa si tratta?
Purpose letteralmente significa scopo, proposito e, per estensione è il fine per cui qualcosa esiste.
Hai presente quando ad un certo momento della vita ti chiedi perché sono venuto al mondo? E capisci, con consapevolezza, qual è la ragione della tua esistenza ed in che modo puoi fare la differenza? Ecco quella è la scoperta del tuo purpose personale.
Lo stesso viaggio di esplorazione viene oggi intrapreso dalle aziende e dai brand quando affiancano, alla crescita ed al profitto, la creazione di valore condiviso. Quindi, le aziende guidate dal purpose sono consapevoli del cambiamento che possono produrre nella vita delle persone e lo fanno nel migliore modo possibile e nel pieno rispetto del pianeta e delle collettività abbracciando le sfide sociali ed ambientali in cui si opera ed in cui si può fare la differenza.
Va ricordato che per un brand prendere una posizione precisa nei confronti del contesto sociale in cui è presente è importante ed auspicabile, purché sia una posizione autentica e soprattutto tangibile e concreta. Per questo oggi, soprattutto nella definizione di una strategia guidata dal Purpose, si parla di storydoing che è l’arte di narrare storie attraverso le azioni.
Perché è oggi più che mai importante per un’azienda avere un purpose?
3 i motivi fondamentali ed i benefici per le aziende guidate da una strategia di purpose: rilevanza, differenziazione, fidelizzazione.
RILEVANZA per il consumatore post-COVID che è più maturo, riflessivo, consapevole e premia le aziende sostenibili attente al territorio ed alla società. Le persone sembrano aver infatti ‘ripensato’ in maniera sostanziale il loro stile di consumo, consapevoli che anche le scelte individuali contano ed hanno un impatto. Ad esempio, i Millennials e la Generazione Z ritengono fondamentale che le aziende siano impegnate nel sociale. Giusto per dare un’idea del fenomeno, i dati pubblicati da Edelman ci dicono che il 57% dei consumatori sarebbe disposto ad acquistare o boicottare un brand a causa della sua posizione su temi sociali e politici, e il 65% dichiara di non essere più disposto ad acquistare prodotti e servizi di un’azienda che non prenda posizione sui temi ritenuti rilevanti.
DIFFERENZIAZIONE è un altro beneficio che va oltre agli attributi del prodotto/servizio e che mette in luce i valori e le motivazioni secondo cui l’azienda agisce. È l’opportunità per i brand di distinguersi come agenti del cambiamento di cui il mondo ha bisogno, permettendo alle persone attraverso l’acquisto e la fedeltà ai loro prodotti, di contribuire alle grandi cause che difendono e sposano.
FIDELIZZAZIONE perché per un’azienda esprimere chiaramente ciò in cui si crede, ed agire in maniera coerente, significa porre le basi per costruire una relazione di fiducia con le persone. Questo legame è molto più profondo della semplice soddisfazione che genera l’uso del prodotto e, più importante, più duraturo. Infatti le persone scelgono quelle realtà di cui condividono la visione, l’operato, il valore.
Ci racconti qualche esempio di aziende virtuose?
Parlando di aziende virtuose non si può non iniziare da Patagonia che porta avanti il suo purpose come una vera crociata, dichiarando che il loro impegno ed obiettivo è quello di salvare il pianeta, la nostra casa. Lo scopo del brand è quello di utilizzare il loro business, la loro community e la loro voce, per agire contro la crisi del cambiamento climatico. Ne è un esempio la sua campagna “Don’t buy this Jacket”, che già nel lontano 2011 si impegnava a sfatare la ricorrenza del Black Friday, per stimolare la riflessione sull’iper-consumismo, sullo spreco delle risorse, incentivando un consumo responsabile e sostenibile.
Rimanendo collegati al tema di responsabilità ambientale, un’azienda con cui collaboro è FRoSTA, dalla cui campagna “100% la scelta naturale”, che prevede l’eliminazione di ogni tipo di additivo o esaltatore artificiale dal cibo, si possono già intuire le sue posizioni. Con il progetto “Amica della natura”, l’azienda racconta il suo impegno per l’ambiente in partnership con Legambiente, alleato del suo brand purpose. I temi affrontati da FRoSTA sono molti: dalla salvaguardia delle api, allo scioglimento dei ghiacciai, alla lotta alla plastica monouso. Con le sue azioni l’azienda ci dimostra che c’è #unaltromodoper produrre cibo in maniera del tutto naturale e nel rispetto dell’ambiente, anche se sei una multinazionale di surgelati.
Ma agire responsabilmente attivando il proprio scopo aziendale non significa esclusivamente trattare tematiche di sostenibilità ambientale. Ci sono oggi tantissime aziende che abbracciano cause legate alla sostenibilità sociale come, ad esempio, Dove che da anni è impegnata a costruire il territorio della Bellezza Autentica per incentivare la sicurezza interiore e l’autostima. Ma in che modo parla di Bellezza Autentica e come agisce concretamente? Lo scopo di marca è di incentivare le giovani donne a crescere con un rapporto positivo nei confronti del proprio aspetto coltivando l’autostima. Per fare questo, l’azienda da oltre 10 anni, in partnership con associazioni e ong, supporta genitori, mentori, insegnanti e leader offrendo un percorso di educazione all'autostima che ha raggiunto oltre 20 milioni di giovani.
Quali sono le principali resistenze che riscontri nelle organizzazioni quando affronti questo tema?
Oggi tutte le aziende sono chiamate ad assumere un comportamento etico che tenga conto delle ripercussioni economiche, sociali e ambientali del proprio operato. I temi di bilancio sociale, creazione di valore condiviso e ‘purpose-driven brands’ sono sempre più dei must have per le aziende. Tuttavia, questo non è un processo sempre facile da attivare perché impone alle realtà aziendali di mettersi in discussione, di rivedere i propri processi ed il modo di fare business. In una parola di abbracciare il cambiamento.
Un cambiamento così radicale deve essere, in primis, sposato dai vertici aziendali, ma poi deve coinvolgere attivamente le persone. E’ un lavoro di concerto, collettivo, non guidato esclusivamente dal marketing o da agenzie creative esterne, in quanto rappresenta l’impegno dell’azienda nei confronti della società, che poi guida tutti i processi aziendali dall’innovazione di prodotto, al packaging, alla supply chain, alla gestione e valorizzazione delle risorse, andando a toccare e ridefinire il modo di fare business a 360°.
Cosa deve fare un’azienda che da domani vuole sposare un purpose? Da dove si comincia?
Innanzitutto, un’azienda che vuole abbracciare una strategia guidata dal purpose deve comprendere che la scelta non è solo legata al suo pubblico ma alla sua stessa essenza, a ciò in cui veramente crede e per cui vuole lottare. Scegliere un purpose richiede di avere una visione di lungo periodo, immaginando le proprie azioni per una società e un mondo migliore.
Lo scopo aziendale si individua lavorando su tre livelli: la marca, le persone e la società.
Partendo da un lavoro strategico di marca, si analizzano i bisogni delle persone e le tensioni sociali che sono interconnesse con l’azienda. È un processo di esplorazione, analisi e co-creazione, con i dipendenti dell’azienda, che ha l’obiettivo finale di identificare lo scopo da cui partire per attivare strategie win-win, che portano benefici all’azienda ma anche al mondo nel suo complesso.
Una volta identificato lo scopo è importante valorizzare quei processi che già l’alimentano e avviare un processo di conversione, mitigazione per quegli aspetti che sono in contrasto. Questo processo richiede tempo ed investimenti che però nel lungo periodo vengono premiati.
Infine, vorrei concludere che oggi il confine tra il profit ed il non profit è sempre più debole, in quanto ci si aspetta che tutte le realtà si muovano tenendo conto del proprio operato e impatto, quindi quello a cui stiamo assistendo sempre di più è la definizione e attivazione di programmi a impatto sociale e/o ambientale congiunti. Questo è un punto di grande importanza per trasformare il purpose aziendale in azioni concrete su cui poi costruire una narrativa tangibile. La parola chiave anche qui è coerenza e trasparenza tra ciò che si dice e quel che si fa per evitare il rischio di cadere nel green-washing o nel social-washing di cui nel prossimo futuro si parlerà sempre di più.