Il comportamento al centro: vi presento il "nudge"
A chi mi dice che i social network non servono a nulla, ripeto sempre che si tratta di uno strumento e che è l’utilizzo che ciascuno do noi ne fa a determinarne la loro maggiore o minore utilità. Personalmente ho conosciuto tanti professionisti in gamba grazie al web, e con alcuni di loro ho portato avanti anche proficue collaborazioni.
Grazie a LinkedIn ho conosciuto Barbara Galli (qui il suo profilo LinkedIn), alla quale ho chiesto un guestpost sulle scienze comportamentali, proprio dopo aver letto un suo contenuto in cui faceva riferimento a questi temi.
Ne è uscito un pezzo molto interessante, che sono sicura piacerà a tutti quelli che lo leggeranno.
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Il 16 Maggio 2019 Doxa ha introdotto nel mercato italiano Nudge, la Unit del gruppo dedicata all’applicazione delle scienze comportamentali ai cambiamenti di business.
Qualche giorno fa, Richard Thaler (premio Nobel per l’Economia nel 2017 e autore del libro “Nudge. La spinta gentile”) è stato in Italia in occasione di un convegno sulla finanza comportamentale.
L’onda lunga del nudge sta crescendo?
Forse è arrivato il momento di salire sul surf per essere pronti a cavalcarla.
I processi cognitivi e il business
Le scienze comportamentali esplorano il processo cognitivo e le interazioni attraverso lo studio del passato e l’osservazione del presente.
Applicarle ai cambiamenti di business significa fare ricorso a regole non economiche (sociali, ad esempio) per spiegare alcuni comportamenti, verificare attraverso test che sia possibile “modellizzarli” - ovvero ipotizzare che si ripetano in modo analogo in circostanze analoghe - e identificare i mezzi, le modalità più idonee per accompagnare il comportamento in ambito economico a una evoluzione, desiderabile sia per l’azienda sia per il consumatore.
L’economia comportamentale
L’economia comportamentale studia gli effetti dei fattori psicologici, cognitivi, emozionali, culturali e sociali sulle decisioni economiche. Permette di individuare situazioni in cui la legge economica viene meno al subentrare di altri fattori, considerato ad esempio che le persone compiono il 95% delle loro decisioni usando delle scorciatoie e che ciascuno di noi ha filtri individuali di lettura della “realtà” basati su stereotipi e condizionamenti.
A volte ci comportiamo in modo “irrazionale” (ad esempio secondo le leggi economiche), ma questo irrazionale è tuttavia “prevedibile” (si tratta di una irrazionalità sistematica).
Prendo in prestito un esempio dal libro di Dan Ariely “Predictably Irrational”:
due leggi dell’economia sono in grado di spiegare le folle urlanti di spose fuori dagli outlet americani al momento dei saldi e l’incremento del numero di pezzi venduti:
· la domanda aumenta al decrescere del prezzo
· al decrescere del prezzo aumenta il numero di quantità acquistate pro capite
Esistono però situazioni in cui, ad esempio, a un prezzo più basso non aumentano le quantità pro capite. L’autore illustra un test in cui, variando il prezzo dei biscotti offerti da 1 cent o a zero(ovvero offrendoli gratuitamente), la domanda si triplica, rispondendo in modo perfettamente razionale alla prima legge dell’economia sopra riportata, ma il consumo pro capite diminuisce, da poco più di 3 biscotti a poco più di 1!
Come è possibile? Perché interviene la forza della legge sociale che ci induce a non privare gli altri di un beneficio gratuito (e forse anche a non apparire egoisti!).
In sintesi, la legge della domanda è valida a meno che non si parli di “prezzo zero”: se il prezzo non è parte dello scambio, intervengono altre regole, non economiche.
In situazioni regolate da processi cognitivi, regole sociali, irrazionalità, l’identificazione dei nudges, per ottenere un risultato, è una soluzione ottimale.
Cos’è un “nudge”?
Il “nudge” è il mezzoper stimolare un comportamento desiderato.
E la“spinta gentile”, che Richard Thaler, richiama nella copertina del suo libro, con l’immagine dell’elefante che, con un tocco di proboscide, incoraggia il proprio piccolo a proseguire in una data direzione, mostrando una via, in modo semplice e diretto.
Un esempio di “nudge” è rappresentato nell’immagine che riporto di seguito: si tratta delle impronte verdi che segnano il percorso verso il cestino della spazzatura più vicino
Il nudge facilita, indica, ma non impone: la libertà di decidere resta al protagonista dell’azione. E la sua efficacia (almeno in parte) sta proprio nel coniugare la semplificazione di un processo di scelta (agevolando la “scorciatoia”, così gradita al nostro cervello) e l’autonomia dell’individuo.
Il ricorso al nudge nel caso di studio di Copenhagen ha avuto un effetto rilevante sull’evoluzione del comportamento: ha permesso la diminuzione del 46% dei rifiuti gettati in strada.
Come si arriva al “nudge”?
Premetto che non ho partecipato direttamente al test di cui sopra vi ho mostrato sinteticamente il risultato, e non ne conosco il background. Tuttavia, una delle ipotesi plausibili è che ricercatori, consulenti, team di comunicazione, abbiano collaborato in una o più delle seguenti azioni:
· Osservazione dei comportamentidei cittadini prima dell’introduzione del “nudge”: cosa fanno le persone quando hanno la carta di una caramella, un mozzicone di sigaretta, il sacchetto dell’hamburger che hanno appena finito, la lattina della bibita con cui hanno accompagnato il loro pasto itinerante da gettare?
· Esplorazione dei propri comportamenti: cosa faccio io quando cammino per strada, magari con il laptop a spalla, la borsa in una mano e un pacchetto di sigarette vuoto nell’altra?
· Brainstorming e identificazione di pattern ricorrenti di comportamento e loro misurazione: quante persone gettano immondizia a terra? Cosa gettano a terra e cosa no? Cercano un cestino? Per quanto tempo? Sulla loro via oppure cambiano direzione per trovarlo?
· Individuazione delle regole non economiche (sociali, cognitive…) e dei trendda attivare/cavalcare per giungere alla declinazione di una o più azioni, “nudges”
Agire sui comportamenti con i nudges: ci sono implicazioni etiche?
A seguito dell’evento in Doxa, ho chiesto in più di una occasione ad amici, colleghi, partner di lavoro, di condividere con me le loro considerazioni sui “nudges” applicati ai comportamenti.
Da un lato ho rilevato un grande entusiasmo per l’apertura di una nuova prospettiva; dall’altro, ho letto tra le righe (o meglio tra le sospensioni dei discorsi e le lunghe perifrasi!) la preoccupazione della manipolazione.
La mia personale opinione è che qualsiasi azione possa essere compiuta in modo sano, in ottica win-win, oppure distorta, viziata. E che ciò sia indipendente dall’origine dell’insight che conduce all’identificazione dell’azione/soluzione, dal metodo utilizzato per arrivarci.
E che sia altrettanto indipendente dalla modalità di declinazione dell’azione/soluzione (visiva, dialogica…).
Scegliere il “nudge” o lo “sludge” (ovvero una eccessiva complicazione, possibilmente orientata a “intrappolare il consumatore” in una tela di ragno utilizzando gli Insight a nostra disposizione) dipende da solo da noi.
Io sposo l’ottica di Thaler, per cui “Un architetto delle scelte ha la responsabilità di organizzare il contesto in cui la gente prende decisioni” .
Per cui, perché no, let’s nudge. For good.