Stefania Boleso

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La campagna che avrei voluto fare io...

Ho conosciuto Luca Vergano su Twitter, fonte inesauribile di stimoli per una curiosa come la sottoscritta. E visto che anche lui di comunicazione ci vive, gli ho chiesto di scrivere un guestpost per questo blog. Il risultato? Un post molto interessante, visto con un'occhio "strategico". Buona lettura!

Trovare una campagna interessante di cui scrivere è sempre qualcosa di difficile. Troppe sono quelle che mi hanno fatto dire avrei voluto farla io. Poi però penso che se Stefania mi ha chiesto di scrivere qualcosa forse vuole un’analisi più approfondita che non i deliri ubriachi di uno che volente o nolente guarda troppa réclame.

Prima di tutto bisogna capire cosa sia interessante. Mi occupo di strategia, quindi il mio punto di vista è diverso da quello di un creativo. Una campagna interessante per me è una campagna che: • trasmette alla perfezione il brand belief, il credo unico del brand • traduce questo belief in un behavior, fa si che il brand si comporti in modo coerente con il suo credo • è culturalmente rilevante, non nel senso che cita Erodoto ma nel senso che utilizza in modo inaspettato canali e linguaggi che sono rilevanti per le persone

Poi c’è l’umano desiderio di parlare di qualcosa di un po’ inaspettato, la pepita d’oro che magari è passata rapidamente e non è stata notata tanto quanto sarebbe stato il caso.

Il caso in questione è una campagna del 2009, secondo me l’unico vero esempio di campagna di successo basata esclusivamente su Facebook: Whopper Sacrifice, di Burger King.

Il meccanismo era piuttosto semplice e tattico: vuoi un Whopper gratis? Cancella dieci amici dal tuo profilo, attraverso l’applicazione Facebook. Ma era un meccanismo che nella sua semplicità aveva una forza estrema.

Trasmetteva alla perfezione il brand belief: BK è sempre stato il sapore che ti manda fuori di testa (andate a rivedere Whopper Freakout o Whopper Virgins, campagne molto più strutturate ma assolutamente coerenti con questo).

Traduceva questo belief in un behavior realmente unico e rilevante: BK crede davvero che il suo gusto sia tale da poter sfidare un vincolo sacro come l’amicizia. E lo fa in modo dissacrante, come abitudine dell’agenzia Crispin Porter + Bogusky, con una surreale presa in giro di quanto sia facile (e superficiale) essere amici su Facebook.

Era culturalmente rilevante: il 2009 è probabilmente il tipping point dei Social Network: già estremamente utilizzati ma ancora territorio vergine per quanto riguarda una grande idea: nessuno era stato in grado fino a quel momento di produrre qualcosa capace veramente di scatenare una partecipazione davvero elevata.

I risultati sono stati incredibili: due settimane dopo il lancio della campagna Facebook ha costretto Burger King a rimuovere l’applicazione, perché la gente aveva cancellato già 200mila amici nei primi sette giorni, il ritorno media è stato spropositato (35 milioni di free media impressions). E tutto questo con un’applicazione Facebook (che indicativamente può costare 20-50 mila euro).

Ma il segnale più indicativo della forza di questa campagna è stata la partecipazione di persone di paesi in cui la promozione non era attiva. Persone che cancellavano i propri amici per ottenere una ricompensa intangibile: l’essere parte di qualcosa di unico che stava succedendo.

Questa, per me è una campagna interessante. Di quelle che avrei voluto fare io. Damn.

Disclaimer: Per rendere il tutto meno pedante, ho evitato di ribadire ad ogni opinione espressa che si tratta di un punto di vista esclusivamente mio e, in quanto tale, estremamente discutibile e falsato dalla mia memoria danneggiata. Ma tant’è. Stefania ha comunque voluto prendersi il rischio di postare tutto questo, e la ringrazio un sacco.